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giovedì 31 dicembre 2009

La saggezza del decano

Leggendo le pagelle al 2009 di Gianni Mura (Repubblica), estrapolo tre passaggi che condivido appieno. CARESSA FABIO (telecronista) I suoi incipit fanno rivoltare nella tomba D'Annunzio e il resto mette in apprensione me sulla sedia. Gli ultimi 10' dell'Inter a Kiev li ho vissuti in uno stato d'ansia forte e sconosciuta. Nel suo genere dicono tutti che è il migliore. Non discuto, discuto il genere (4,5) ben lontano da quello di Pizzul, Martellini e Albertini; MORETTI MAURO (ad Trenitalia) Diffidare sempre dei sindacalisti Cgil che diventano grandi manager, diceva un mio amico ben prima della grande nevicata. Il voto (2) non dipende dalle condizioni eccezionali in cui viaggiano o non viaggiano i treni, ma da quelle normali, quotidiane. A partire dalla pulizia; PORRA' GIORGIO (telecronista) Bentornato col suo garbo, il suo senso della misura. Gli orfani dello "sciagurato Egidio", sempre più allergici alle urla, lo salutano con un 8.
Un grande. Buon anno a tutti!
al.ba.

mercoledì 30 dicembre 2009

Rya(NO)air

Dal Corsera di ieri, leggo una notizia che potrebbe rivelarsi davvero una beffa. La Rayanair, compagnia aerea low cost, ha minacciato di lasciarci tutti a piedi. Dal 23 gennaio prossimo. La decisione nasce dalla polemica con l'Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile) per una vera e propria banalità. L'Enac sostiene, infatti, che per i voli interni non sia necessario esibire la carta d'identità o il passaporto (come per i voli internazionali), essendo sufficiente un qualsiasi altro documento, anche il porto d'armi (le armi, ad ogni modo, meglio lasciarle a casa). La Ryanair dice, al contrario, che per motivi di sicurezza sia opportuno che tutti esibiscano passaporto o carta d'identità. In Italia decidiamo noi sbotta l'Enac. Allora noi non voliamo più risponde la compagnia irlandese. Il tutto mi lascia perplesso. Uno che deve prendere un aereo, se fa lo sforzo di ricordarsi del porto d'armi (!), può tranquillamente fare anche quello di portarsi la carta d'identità. Se la Ryanair sostiene che ci siano dei protocolli standard da seguire (specie dopo il quasi attentato di Detroit) non credo che si dovrebbero creare queste discussioni così sterili. Il punto, comunque, è che se non si mette da parte l'orgoglio, tra 24 giorni esatti, non avremo più voli economici per muoverci. Non solo per l'Italia, ma anche per il resto d'Europa. Il vecchio consumatore finale torna a prendersela in quel posto. Sicuri che non c'entri Alitalia in tutto ciò?
al.ba.

martedì 29 dicembre 2009

Sfig generation

Ho fatto un rapido calcolo oggi, dopo aver rivisto una mia ex compagna di liceo. Della mia classe, a sette anni dalla maturità, in cinque (su ventuno) abbiamo trascorso (o stiamo ancora trascorrendo) un periodo fuori dall'Italia. Un quarto, in pratica, ha lasciato l'Italia. Alcuni (come me) sono tornati (per quanto non si sa), altri a rientrare non ci pensano nemmeno. Sarà che l'Europa unita aiuta l'interscambio culturale. Sarà che oggi le compagnie low cost hanno reso semplice quello che fino a trent'anni fa pareva impossibile o quasi. O forse sarà che la nostra amata Italia sta sfornando solo una generazione di sfigati (e non per colpa nostra). Di ragazzi (anche validi) delusi che non hanno prospettive, non vedono un futuro nel proprio Paese. Dicono l'Italia è il Paese che ha accusato meno la crisi. Forse perché siamo in crisi da prima che la Crisi (con la C maiuscola) si conclamasse. Tutti fanno proclami, ma la generazione dei trentenni di oggi è ridotta una pena. I nostri genitori hanno vissuto meglio dei nostri nonni. Noi no. E a me torna in mente la lettera che scrisse al figlio Pier Luigi Celli, dg della Luiss, Figlio mio, lascia questo Paese.
al.ba.

lunedì 28 dicembre 2009

Tiggì zero

Non è possibile. Questa non è più informazione. Fatta eccezione per il Tg3 e quello di La7 (anche se può sembrare una considerazione partigiana, non lo è) la nostra tele-informazione (in chiaro) è alla canna del gas. Ieri mi sono imbattuto nell'edizione serale del Tg5 e mi sono spaventato: non ho notato differenze con Studio Aperto. E' evidente che questo non è un complimento. Non credo che dopo le prime quattro notizie (Iran, Papa, tentato-attentato, valanghe) non ci fosse niente di meglio che parlare (ancora!) del Natale, delle svendite, di quanto abbiamo mangiato ecc. Chissenefrega! Basta! Poi dicono che l'informazione è libera. Questa non è informazione. Punto. Cronometrate pure. Scegliete un Tg e guardate quanto durano i servizi seri. Dieci minuti poi gossip&cazzate. Spegniamo la tele, accendiamo il pc.
al.ba.

venerdì 25 dicembre 2009

Mal Natale

Due giorni fa, all'edizione di Studio Aperto di mezzogiorno, veniva mandata in onda una "simpatica" intervista fatta ad un palermitano sulla spiaggia di Mondello che scherniva un amico di Verona: in Sicilia erano tutti al mare, a Verona faceva freddo. Credo sia molto grave che anche oggi, persino a Rimini (non in Sicilia), ci siano 21 (ventuno!) gradi. Non c'è nulla da scherzare, nulla per cui essere felici. Continuo ad augurarmi che sia il Tempo a decidere di prendersi gioco di noi, ma temo che dietro questa instabilità metereologica ci sia qualcosa di un po' più serio (si vedano, di nuovo, i post su Copenhagen). Instabilità, dicevo. Perché non più tardi di quattro giorni fa, sempre a Rimini, si registrava un perentorio (benché più consono alla stagione) -10°. Non c'è niente di più bello del freddo d'inverno. Niente di meglio del caldo d'estate. Ci stiamo togliendo anche questo?
al.ba.

lunedì 21 dicembre 2009

Visca Catalunya (Viva la Catalogna)

E' il momento della Catalogna. Terra testarda, gagliarda e orgogliosa. Il Barça di Guardiola domina in Spagna, in Europa e nel Mondo. L'ispanica corrida è stata bandita definitivamente dal territorio. E al vaglio (con capofila Joan Laporta, presidente del F.C. Barcelona che vuole ritagliarsi un ruolo di primo piano sul palcoscenico politico) anche la proposta per rendere la regió catalana una nació. In Italia se n'è parlato pochissimo. Quasi niente. Ma in atto c'è una vera e propria sollevazione popolare. Dal web, senza supporto delle istituzioni, solo col danaro dei privati, è stato indetto questo (non ufficiale) referendum che ha dato esiti straordinari. Al di là di quanto sostengono da Madrid-capital più del 30% degli aventi diritto ha espresso il proprio voto. E il risultato è un plebiscito: il 95% vuole l'indipendenza. L'Europa è unita, ma l'identità culturale è forte e questo è un segnale da non sottovalutare. Se votassero nel Triveneto siamo sicuri che non ci sarebbe una volontà simile?
al.ba.

domenica 20 dicembre 2009

Tanta roba

E' la nuova moda. La nuova espressione cult. Mi è sempre piaciuto analizzare queste evoluzioni linguistiche. Dopo il di ogni (es. l'altra sera ne ho viste di ogni) e il piuttosto che come sostitutivo di oppure, dunque in senso non avversativo (es. al buffet puoi scegliere la pasta piuttosto che i secondi) adesso è arrivato il tanta roba. L'ho sentito dire, tra gli altri, al mister del Milan Leonardo (brasiliano, ma eccezionale conoscitore di lingue) in una conferenza stampa e ho capito che sta dilagando. In un periodo di crisi come questo, anche una semplice espressione lessicale in più è davvero tanta roba.
al.ba.

sabato 19 dicembre 2009

Fuori gioco

L'altra sera, su La7, mi sono gustato lo speciale Off side sulla vicenda Calciopoli. Sono rimasto colpito dalla ricostruzione (basata su stralci di intercettazioni reali) perché sono emersi particolari dei quali non ero a conoscenza (sebbene avessi seguito molto attentamente lo scandalo sin dalle prime indiscrezioni). Piroso, il conduttore del programma, ha esordito dicendo che Non lo avremmo mandato in onda se non fosse intervenuta una sentenza di condanna ieri (l'ex dirigente della Juventus Giraudo, tra gli altri, è stato riconosciuto colpevole per il reato di associazione a delinquere dal Tribunale di Napoli). La cosa fantastica sono stati i commenti del post ricostruzione, tesi - tutti - a ridimensionare l'intera (gravissima) vicenda. Sono dell'idea che non sia cambiato troppo dal 2006 ad oggi (anche se i vertici della Lega Calcio, della FIGC, oltreché i designatori arbitrali dell'epoca non ci sono più), ma il punto è uno e uno soltanto. Non è vero che siccome lo facevano tutti, come sostiene Mughini, non bisognava colpire nessuno. Siccome lo facevano tanti (non tutti, fino a prova contraria) bisognava colpire (duramente, molto duramente) tutti quelli che lo facevano. Non è giustizialismo. Solo giustizia.
al.ba.

venerdì 18 dicembre 2009

Necessaria efficienza iniqua

Anche oggi il post è di tol.ler. Ultime considerazioni sulla vicenda Copenhagen.


Ultimo giorno oggi per le raccomandazioni, bozze e orazioni a Copenhagen. E' d'obbligo che non ci si aspetti da Obama una rivelazione, una ricetta salva-ozono o altre miracolitiche del genere. I premier sono i primi a saperlo. I giornalisti sensazionalisti purtroppo saranno a bocca asciutta perchè questi sono temi lunghi e privi di colpi di scena immediati. I punti chiave sono rimasti tre e non in ordine di importanza. 1. Rilevazione delle emissioni con una unica misura per tutti. 2. Livelli di emissione da raggiungere. 3. Finanziamenti ai paesi in via di sviluppo (PVS). Attorno ad ognuno gravitano almeno due problemi ai quali stanno legati altre questioni. A parte le indifferenze medie del consumatore X, le invisibili realtà putride di aziende più che irresponsabili, c'è un dettaglio macroscopico, purtroppo di economia politica: la ricchezza nazionale. Paesi sviluppati possono essere più efficienti nel taglio delle emissioni. Quelli in via di sviluppo non possono e gridano all'iniquità. Allora si ha un conflitto tra efficienza ed equità. L'ambiente non aspetta certo i tempi della nostra geopolitica, ma fino a che punto si può ignorare giustizia per efficienza? E' più importante la dignità dello sviluppo equo o la rovina ambientale? Da dove si districa la matassa? Per farvi un'idea dei giocatori della dieci giorni di Copenhagen e cosa vogliono, eccovi un link.
tol.ler

giovedì 17 dicembre 2009

Piazza Idea

Piazza Idea. O meglio: idea di piazza. La figlia del giornalista Walter Tobagi, Benedetta, dice Nel '68 i giovani scendevano in piazza contro le istituzioni, che rappresentavano la legalità. Oggi si manifesta, sempre contro le istituzioni, ma in nome della legalità e della giustizia. Una sottile (mica tanto) differenza. Alla luce delle ultime ore, però, bisogna stare attenti. C'è molto fermento, forse troppo. L'episodio della bomba alla Bocconi è anche più grave di quello di Piazza Duomo, perché è un segnale di continuità (non di contiguità) alla manifestazione (espressa in modo deplorevole) di malcontento sociale. Dopo il '68 ci furono gli anni di piombo. E si sa che la storia è fatta di corsi e ricorsi. Speriamo non si arrivi a tanto. Anche se gli estremi per una rivolta (intesa come reazione pacifica, ma ferma) ci sono tutti. I nuovi giovani sono ai margini della società. E come ha detto Rosy Bindi A nessuno sembra importare. Questo no. Questo non deve succedere.
al.ba.

mercoledì 16 dicembre 2009

Due gradi centigradi: non è freddo

Il post di seguito non è mio e fa riferimento all'argomento di ieri. Da leggere con attenzione.

L'obiettivo del blogger: non appesantire il lettore. Per onorare questo must e per ringraziare al.ba. di ospitarmi sul suo nuovo deck dal quale osserva il mondo con la tastiera, proverò a trasmettere le mie sensazioni sul meeting di 11 giorni a Copenhagen. Difficile rimanere fuori da questo tema perché' c'è di mezzo la natura, la qualità della vita, la durata di quelle a venire, la sostenibilità dello sviluppo di ogni paese, città, quartiere e famiglia.
L'obiettivo di Copenhagen è di mettere basi per un nuovo e necessario accordo a sostituire quello di Kyoto nel 2012 e che determinerà nuovi standards per le emissioni. In breve, le questioni e le determinanti di un convegno del genere.
1. Fattibilità di un nuovo documento? - coerenti con i tempi stretti e la densità di appuntamenti e contrasti finanziari sulle proposte dei singoli paesi o dei gruppi come BRIC (Brasile, India e Cina), grazie a Copenhagen oggi esistono 9 pagine di bozza per un testo che andrà sviluppato in più appuntamenti nel 2010 e che si può comodamente seguire dal sito dele Nazioni Unite.
2. Compromessi nazionali - seppure Kyoto abbia stabilito quali paesi siano in sviluppo e quali no e ad ogni gruppo avesse assegnato un parametro di emissioni da rispettare, oggi molti paesi possono vantare livelli di emissioni più basse del previsto. Altri non dovrebbero fiatare per non peggiorare la loro situazione. Ma è qui che sorgono i maggiori contrasti: come rilevare le emissioni dei paesi in via di sviluppo e chi sta rispettando le promesse fatte firmando Kyoto? Esempio: Norvegia, UE e Giappone si sono promessi di ridurre tra 20 e 40% le emissioni secondo gli standard del 1990 entro il 2020 mentre gli Stati Uniti hanno ridotto del 17% le emissioni sui livelli del 2005 che equivale allla riduzione del 3% sui livelli del 1990. Per quanto pieno di foreste, pura neve, laghi e muschio, il Canada da solo supera di 34% gli obiettivi Kyoto. Sorpresi? Si potrebbero fare molti altri esempi ma ogni paese, bisogna ammettere, si sta notevolemente rivolgendo alla questione climatica. Sia per una questione di business sia per l'imminente urgenza di mettere mano ad un equilibrio ecologico delicatissimo e danneggiato.
3. Quanto costa tutto questo parlare? - Per ogni paese in via di sviluppo, il costo per alimentare le nuove tecnologie ecologiche varia dai 15 ai 30 miliardi di Euro annui. Sta al settore privato innovare, aprire le barriere allo scambio di tecnologie e sostenere lo sviluppo industriale in sintonia con l'ambiente e ai governi il compito di tagliare con del sale in zucca e distribuire coscenziosamente il denaro.
Giovani e non, hanno preso parte agli eventi ogni parte della società e - se non altro - si può parlare di momento storico al quale vogliamo partecipare. I capi di stato e di governo che da ieri (15 Dic) sono arrivati a Copenhagen per le pacche sulle spalle, per tirare le somme, tirarsi le orecchie e allertarsi a vicenda, sanno che responsabilità hanno. Purtroppo i meandri di certa industria (carbone, petrolio, deforestazione, smaltimento di rifiuti e scorie, ecc) conoscono i punti deboli dei consumatori, abbassano il fondo delle loro pance spesso lavorando indipendentemente dal colore della bandiera di un governo e sono suscettibili solo ai più duri confini della legge, se e quando li vedono.
Copenhagen, a detta di certi, è stato per ora un successo relativo. Altri hanno usato toni meno dolci e altri ancora lo hanno trovato un momento illuminante. Io lo trovo stimolante. Non sono a capo di un governo tantomeno un ricercatore biologo dal guizzo d'ingegno, ma posso fare la mia parte e usare le notizie per impressionarmi, studiare e rieducare i miei consumi: da qualche tempo prima di accendere un interruttore mi sussurro "e Copenhagen?".
Suggersico fortemente un film: An Inconvenient Truth, di Al Gore e un link: http://www.climateinteractive.org/simulations/bathtub/the-climate-bathtub-animation
tol.ler

martedì 15 dicembre 2009

Sangue 'ndo mussu & Copenhagen climate

Prendo in prestito il suggerimento di un amico che lavora all'estero. Mi scrive che in Italia ci occupiamo troppo poco dei temi realmente importanti. Si parla degli scontri di Copenhagen, ma non dei contenuti della Conferenza Onu. Dopo il lancio della madonnina, poi, praticamente sono azzerati gli altri argomenti. Girando su Facebook, però, tra i tanti status, si leggono anche queste cose Per un po' di sangue 'ndo mussu, sta succidindu u burdellu...bunu fici, che mi sembra - portata evidentemente all'esasperazione, con un pizzico di cinismo pure - una sintesi di quale sia il pensiero di molte persone (benché non il mio). Quel che è certo (e questo lo sottoscrivo) è che ci sono molte cose a cui è essenziale interessarsi. Cominciamo a pensare al futuro. Cominciamo da Copenhagen.
al.ba.

lunedì 14 dicembre 2009

Ecco com'è andata

La scena non l'ho vissuta, ma ho come un presentimento. La scorta che gli dice Attenzione, ci sono contestatori, meglio evitare il bagno di folla. E Lui che spazientito ribatte Mi ama. Questa gente mi ama e giù a stringere mani e firmare autografi. Le parole del ministro Maroni, che oggi definisce assolutamente senza alcuna responsabilità gli uomini della scorta, la dicono lunga. Il gesto di un folle (perché di folle si tratta) non si giustifica. Ma è chiaro che il clima attorno alla nostra politica è diventato molto caldo. Come si può rischiare così? Tuffarsi nella mischia in quel modo? Con l'eventualità (nemmeno troppo remota) che la prossima volta anziché un souvenir meneghino venga sparato un proiettile... Ci vuole buon senso anche in questo. E che Silvio si metta il cuore in pace: il 50% degli italiani lo ama. L'altro 50% proprio no.
al.ba.

domenica 13 dicembre 2009

Oh mia bella madunina!

Hanno tirato una madonnina in faccia al premier. Colpito e affondato. Pensavo fosse l'opera di qualche estremista di sinistra. E credevo fosse un altro - clamoroso - autogol. Invece, in barba a tutti, a colpire Berlusconi è stato un tizio (tale Tartaglia) con problemi di salute mentale. E nessuno, né di qua, né di là, potrà speculare su un episodio che coinvolge una persona con questo tipo di patologia. Nemmeno Emilio Fede, che oggi, appena data la notizia, aveva iniziato un'intemerata contro i facinorosi, parlando di atto terroristico. Una considerazione voglio farla. L'unico capace di dire qualcosa di non retorico è stato comunque Di Pietro, che ha dichiarato che Berlusconi fomenta la violenza (fisica) con la violenza (verbale). Perché non sono solo gli anti-berlusconiani a creare il clima di tensione, ma anche i ripetuti attacchi del Presidente del Consiglio alle istituzioni (Napolitano e magistrati su tutti). Anche oggi l'intervento del premier (prima del lancio) era stato piuttosto acceso. Condanno ogni forma di violenza. Compresa quella delle parole. Speriamo che questa storia possa aiutare la politica a ridimensionarsi. Sarebbe paradossale, ma non mi stupirei di nulla. E intanto Tartaglia, 3 ore dopo il fattaccio, ha già 16.837 fan su facebook.
al.ba.

sabato 12 dicembre 2009

Se Tiger fosse italiano...

Se Tiger Woods fosse italiano lo scandalo-amanti, che si abbattuto su di lui e che gli ha fatto perdere sponsor e popolarità, non si sarebbe verificato. Anzi. In Italia esiste ancora il culto del machismo. Più te ne fai, più figo sei. E forse gli sponsor aumenterebbero pure. Abbiamo avuto illustri esempi anche nel recentissimo passato. Tiger, invece, da buon non-italiano, ha addirittura deciso di appendere la mazza (da golf e non solo...) al chiodo. In attesa che scemi l'interesse sulle sue vicende e che alla moglie passi l'arrabbiatura. La domanda è questa: possibile che uno sportivo fedifrago abbia il coraggio di autosospendersi dalla propria attività e il Presidente di un Paese sedicente democratico coinvolto in analoghe (ma visto la carica, ben peggiori) vicende rimanga saldamente al suo posto? Negli U.S.A. Clinton subì un processo per certe sue debolezze. Da noi si dice Meglio veline che culattoni. Viva l'Italia e la mazza di Tiger!
al.ba.

venerdì 11 dicembre 2009

Silvio&Piero

Non è umano. Il Presidente del Consiglio è bionico. E questa non è una valutazione politica. Bensì una semplice constatazione sull'uomo. Sulla tempra e la tenuta fisica di un personaggio, 73enne, sbattuto in prima pagina un giorno sì e uno no, a capo di un Paese da quasi 15 anni (solo in Italia è possibile una cosa del genere...), invischiato in questioni di mafia (Spatuzza), baldracche (non mi piace scrivere post troppo lunghi, poi non mi piace parlar male delle signore), minorenni (vedi sopra), tangenti (Mills) e quant'altro, che non molla un centimetro. Stanco, e ci mancherebbe, ma sempre in prima linea. Comunque vada, verrà ricordato nei libri di storia. Non è umano. Poi penso all'ex governatore del Lazio, che appena investito dal suo scandalo (trans), ha resistito lo spazio di una nottata. Silvio, più che premier, lo definirei panzer. E se il PD andrà avanti così ce lo ritroveremo fino al 2018.
al.ba.

giovedì 10 dicembre 2009

Mediatore per la conciliazione

Se tutto va come deve, a breve nascerà una nuova figura nel panorama giuridico italiano. Si tratta del mediatore per la conciliazione, qualcosa di praticamente identico all'attuale conciliatore, ma con una peculiarità. Passare attraverso il mediatore sarà, infatti, obbligatorio, almeno per certe tipologie di controversie (mentre oggi andare da un conciliatore è una mera facoltà delle parti). In Italia (mi sono sentito dire ad un convegno) manca la cultura della mediazione. E nessuno ne parla. Specie la classe degli avvocati, che vedrà ridursi drasticamente il volume di lavoro. Ma i giornali? I media? Nessuno che dica che siamo a un passo da una svolta che potrà essere epocale per la nostra macchina della giustizia. E per tanti (come me) che vedranno aprirsi una prospettiva lavorativa e un mercato nuovi. Meglio così. Meno se ne parla e meno mediatori ci saranno. E tutti dovranno venire dal sottoscritto.
al.ba.

mercoledì 9 dicembre 2009

Odio Fabio Volo

Due settimane fa ero a Bologna alla presentazione del suo ultimo libro, Il tempo che vorrei, che è già un best seller. Odio Fabio Volo. In senso buono, naturalmente. E' un modo forte per dire che in realtà lo invidio da morire. E che cavolo: sono certo, certissimo, che potrei condurre un programma in radio. Sono altrettanto certo che non avrei grossi imbarazzi a stare davanti ad una telecamera facendo cinema. E scrivere mi è sempre piaciuto. Fabio è come me. Ma nessuno lo sa. Cioè, nessuno sa che io sarei come lui. Che ha euro in abbondanza e si diverte. Alla faccia di chi può solo scrivere: odio Fabio Volo.
al.ba.

sabato 28 novembre 2009

Quanto mangia Veronica?

La Lario ha chiesto a Berlusconi 3 milioni di Euro al mese per il mantenimento post divorzio. Sembra magra, la signora. Ma evidentemente non è così.
Visto che ha fatto della moralità la sua battaglia, farebbe bene a chiedere quello che chiede e a devolvere gran parte del ricavato in beneficenza. Io credo che con un milioncino possa comunque mantenere un buon tenore di vita. E se proprio non bastasse, beh, che si metta a dieta.
al.ba.

venerdì 27 novembre 2009

Se saltellano hanno paura

Se saltelli muore Balotelli. Bah, c'hanno provato, ma SuperMario è ancora qui, vivo e vegeto. Nero come il carbone e forte perché è un campione. Un po' stucchevole la polemica del razzismo. Non passerà mai di moda, perché il razzismo fa parte della nostra (non) cultura. Se non è per la pelle, è per la provenienza o la religione. Abituati male, ma tant'è. Se cambiassero le regole, se gli stadi fossero di proprietà, se, se, se. Andiamo avanti e cerchiamo di azzerare le polemiche. E Mario si tranquillizzi: se è così odiato è perché è un rivale temuto. Perché nessuno saltella contro Legrottaglie? Chiaro no?
al.ba.